La didattica a distanza con una bambina non vedente

La didattica a distanza con una bambina non vedente

1 Maggio 2020      di Chiara Pagnesi      Animazione Sociale

In questa storia l’assenza dei corpi è un particolare non da poco se si considera che la sua protagonista, la chiameremo Anna, con il corpo vede. Ha otto anni ed è non vedente dalla nascita. Le hanno appena detto che non solo la scuola non riaprirà, ma che a casa non potrà più venire nessuno per aiutarla a fare i compiti. Però i compiti si potranno fare in videochiamataVideo!

La coprotagonista di questa storia, che chiameremo Marta, la troviamo invece sotto casa sua, a qualche decina di km da Anna. Sta spiegando a una pattuglia che l’ha fermata che deve assolutamente andare a prendere la dattilobraille. E tu spiegalo a una pattuglia, spiegalo a chiunque, che cos’è e perché è così importante recuperarla, nel bel mezzo di una pandemia mondiale. Non la carta igienica, non il lievito di birra, una d-a-t-t-i-l-o-b-r-a-i-l-l-e.

Questo oggetto misterioso, che non sta proprio in una tasca, è passato di mano in mano in una staffetta “clandestina” di colleghi e amici fino a Marta e affinché Anna potesse fare una cosa che tantissimi di noi fanno in quarantena: leggere.

Non avete capito eh? Va bene, facciamo un passo indietro.

Marta arriva da Roma ed è una tiflodidatta, mentre mi raccontava questa storia ha detto che quando le è stata presentata Anna, lo scorso settembre, ha subito capito che sarebbe stato un incontro importante. “Io ho sempre avuto la possibilità di camminare accanto al buio, siamo una famiglia di educatori, mia madre è tiflodidatta, come me. La spinta emozionale che questo lavoro riesce a dare mi fa sentire bene, realizzata, come se avessi un posto nel mondo”. E ora il suo posto nel mondo è a centinaia di chilometri da casa, a cercare di inventarsi un modo per continuare a fare il suo lavoro da lontano.

E questo vuol dire molte cose, ma vuol dire soprattutto essere un tramite, tradurre il mondo per renderlo comprensibile a chi non vede. Guardo le pagine scritte in Braille, così bianche e fitte di puntini, vedo quelle che servono ad Anna per poter studiare ad esempio matematica o geometria, bellissime e sorprendentemente coloratissime, fatte con materiali differenti, differenti forme e dimensioni, tutto perché Anna le possa sentire sotto le dita e leggerle. Marta le compone tutte una per una, armata di spago, stoffa cotone, pezzetti di legno, molta immaginazione, tanta colla e tantissima pazienza.

“La mia è una figura un po’ elastica, pur avendo una formazione specifica non si limita a insegnare il braille a un non vedente: lo aiuta a rendersi autonomo, a spostarsi, ad apprendere, a fare amicizia. Anche adesso, anche a distanza”, che a me che ascolto e guardo le fotografie sembrano magiche. Mi sembra che Marta conosca molti trucchi che rendono visibile l’invisibile. Ecco perché la dattilobraille è così importante, ecco perché un computer, che sembra saper fare tutto, questa volta non può bastare. Perché su un filo che tra loro resta teso devono viaggiare quelle pagine fitte di puntini e piene di forme colorate e incollate con grande maestria.

“In un primo momento” racconta Marta “mi sono sentita impotente, mi sono chiesta come potevo stare accanto a tutti i bambini che seguo, ma soprattutto ad Anna che attraverso uno schermo non poteva vedermi. E invece la didattica a distanza si può fare anche con un non vedente, se fatta con criterio, e sta funzionando bene, anche e grazie soprattutto alla sua mamma, che le è sempre accanto”. Un grande lavoro di squadra insomma. “Io e Anna abbiamo il nostro appuntamento tutte le mattine, facciamo i nostri compiti, giochiamo, ridiamo, scherziamo, litighiamo (perché litighiamo anche) e impariamo a gestire insieme questa situazione”.

Nel video che mi hanno mandato Anna ha davanti le sue pagine in braille e un foglio con molte figure in rilievo, tra cui scorgo una palma. Marta è lì, collegata in video, la saluta e Anna le dice “questi puntini sono un po’ sfocati, non vedo niente”, poi ride e inizia a leggere con le dita il primo indovinello, cerca su quella che capisco essere una mappa: è una caccia al tesoro! Marta la guida, tra un indovinello e l’altro si fanno addizioni, si ripassa la grammatica.

Il tesoro? “Speriamo una festa, una grande festa con tutti i bambini che seguo, le loro famiglie e i miei colleghi, che sento vicini sempre, anche se non ci vediamo. Per riabbracciarli tutti, uno ad uno”.

Vorrei chiudere questa storia con le parole della mamma di Anna, che sono così belle da meritare di essere trascritte.

“Il 23 febbraio, eravamo a fare un weekend sulla neve con i bambini ciechi… ed è lì che ci hanno fatto sgomberare l’hotel per emergenza coronavirus e subito dopo hanno annunciato che le scuole avrebbero chiuso. Quando si è genitori di bambini disabili, non c’è parola migliore di CONFORTO, e io me la ricordo bene la vostra frase: non si preoccupi, noi ci siamo… anche questa volta avete abbracciato le mie paure e nonostante le fatiche di questa emergenza, avete trovato le parole giuste per farci stare bene: CE LA FAREMO.

La mia bambina è cieca, come può fare la didattica a distanza? Ha solo 8 anni, come può vedere un cieco la sua assistente!!! Come può? Che paura avevo. La immaginavo separata, senza colpa, senza manina che ascolta, senza il contatto con la sua assistente alla comunicazione. Le scuole si sono chiuse improvvisamente e io ho visto tutti i progressi, i sacrifici e le belle giornate di mia figlia trasformarsi in fumo e cenere. Poi invece ogni giorno arriva il loro momento: noi abbiamo i telefoni, i computer, le pance piene, i sorrisi, i “Va tutto bene!”, “Presto ci rivedremo”, “Fai la brava!”, “Mi manchi”…

Marta sistema tutto da lontano, organizza il lavoro e io sistemo la postazione di Anna. A tanti km di distanza eppure ce la fanno! Preparano fogli, materiali, dattilobraille, dattiloritmica. Anna non la vede ma sul monitor del pc quando appare via skype la sua assistente le dice “come sei bella oggi con gli occhiali”. Oppure discutono e si permette di dire: “Guarda che ti attacco!”. Loro due procedono, fanno conteggi, scrivono testi, inviano mail, imparano, vanno avanti spedite con una grande sintonia… anche se fuori di casa è un incubo che dovrà finire presto, lo si spera! Loro due tengono il loro filo teso. Nessuno lo taglierà.

Noi da qui, vi abbracciamo tutti uno ad uno nell’attesa di poterlo fare davvero!

Grazie B.

*Chiara Pagnesi, coordinatrice di servizi socioeducativi, è l’autrice di questa storia di “lavoro a distanza” nell’ambito dell’inclusione scolastica di bambini e ragazzi diversamente abili (in questo caso non vedenti) realizzato dalla cooperativa sociale La Grande Casa, costituita nel 1989 a Sesto San Giovanni (Mi) con l’obiettivo di favorire l’integrazione sociale delle persone più fragili.

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La didattica a distanza con una bambina non vedente

1 Maggio 2020
di Chiara Pagnesi
Animazione Sociale

In questa storia l’assenza dei corpi è un particolare non da poco se si considera che la sua protagonista, la chiameremo Anna, con il corpo vede. Ha otto anni ed è non vedente dalla nascita. Le hanno appena detto che non solo la scuola non riaprirà, ma che a casa non potrà più venire nessuno per aiutarla a fare i compiti. Però i compiti si potranno fare in videochiamataVideo!

La coprotagonista di questa storia, che chiameremo Marta, la troviamo invece sotto casa sua, a qualche decina di km da Anna. Sta spiegando a una pattuglia che l’ha fermata che deve assolutamente andare a prendere la dattilobraille. E tu spiegalo a una pattuglia, spiegalo a chiunque, che cos’è e perché è così importante recuperarla, nel bel mezzo di una pandemia mondiale. Non la carta igienica, non il lievito di birra, una d-a-t-t-i-l-o-b-r-a-i-l-l-e.

Questo oggetto misterioso, che non sta proprio in una tasca, è passato di mano in mano in una staffetta “clandestina” di colleghi e amici fino a Marta e affinché Anna potesse fare una cosa che tantissimi di noi fanno in quarantena: leggere.

Non avete capito eh? Va bene, facciamo un passo indietro.

Marta arriva da Roma ed è una tiflodidatta, mentre mi raccontava questa storia ha detto che quando le è stata presentata Anna, lo scorso settembre, ha subito capito che sarebbe stato un incontro importante. “Io ho sempre avuto la possibilità di camminare accanto al buio, siamo una famiglia di educatori, mia madre è tiflodidatta, come me. La spinta emozionale che questo lavoro riesce a dare mi fa sentire bene, realizzata, come se avessi un posto nel mondo”. E ora il suo posto nel mondo è a centinaia di chilometri da casa, a cercare di inventarsi un modo per continuare a fare il suo lavoro da lontano.

E questo vuol dire molte cose, ma vuol dire soprattutto essere un tramite, tradurre il mondo per renderlo comprensibile a chi non vede. Guardo le pagine scritte in Braille, così bianche e fitte di puntini, vedo quelle che servono ad Anna per poter studiare ad esempio matematica o geometria, bellissime e sorprendentemente coloratissime, fatte con materiali differenti, differenti forme e dimensioni, tutto perché Anna le possa sentire sotto le dita e leggerle. Marta le compone tutte una per una, armata di spago, stoffa cotone, pezzetti di legno, molta immaginazione, tanta colla e tantissima pazienza.

“La mia è una figura un po’ elastica, pur avendo una formazione specifica non si limita a insegnare il braille a un non vedente: lo aiuta a rendersi autonomo, a spostarsi, ad apprendere, a fare amicizia. Anche adesso, anche a distanza”, che a me che ascolto e guardo le fotografie sembrano magiche. Mi sembra che Marta conosca molti trucchi che rendono visibile l’invisibile. Ecco perché la dattilobraille è così importante, ecco perché un computer, che sembra saper fare tutto, questa volta non può bastare. Perché su un filo che tra loro resta teso devono viaggiare quelle pagine fitte di puntini e piene di forme colorate e incollate con grande maestria.

“In un primo momento” racconta Marta “mi sono sentita impotente, mi sono chiesta come potevo stare accanto a tutti i bambini che seguo, ma soprattutto ad Anna che attraverso uno schermo non poteva vedermi. E invece la didattica a distanza si può fare anche con un non vedente, se fatta con criterio, e sta funzionando bene, anche e grazie soprattutto alla sua mamma, che le è sempre accanto”. Un grande lavoro di squadra insomma. “Io e Anna abbiamo il nostro appuntamento tutte le mattine, facciamo i nostri compiti, giochiamo, ridiamo, scherziamo, litighiamo (perché litighiamo anche) e impariamo a gestire insieme questa situazione”.

Nel video che mi hanno mandato Anna ha davanti le sue pagine in braille e un foglio con molte figure in rilievo, tra cui scorgo una palma. Marta è lì, collegata in video, la saluta e Anna le dice “questi puntini sono un po’ sfocati, non vedo niente”, poi ride e inizia a leggere con le dita il primo indovinello, cerca su quella che capisco essere una mappa: è una caccia al tesoro! Marta la guida, tra un indovinello e l’altro si fanno addizioni, si ripassa la grammatica.

Il tesoro? “Speriamo una festa, una grande festa con tutti i bambini che seguo, le loro famiglie e i miei colleghi, che sento vicini sempre, anche se non ci vediamo. Per riabbracciarli tutti, uno ad uno”.

Vorrei chiudere questa storia con le parole della mamma di Anna, che sono così belle da meritare di essere trascritte.

“Il 23 febbraio, eravamo a fare un weekend sulla neve con i bambini ciechi… ed è lì che ci hanno fatto sgomberare l’hotel per emergenza coronavirus e subito dopo hanno annunciato che le scuole avrebbero chiuso. Quando si è genitori di bambini disabili, non c’è parola migliore di CONFORTO, e io me la ricordo bene la vostra frase: non si preoccupi, noi ci siamo… anche questa volta avete abbracciato le mie paure e nonostante le fatiche di questa emergenza, avete trovato le parole giuste per farci stare bene: CE LA FAREMO.

La mia bambina è cieca, come può fare la didattica a distanza? Ha solo 8 anni, come può vedere un cieco la sua assistente!!! Come può? Che paura avevo. La immaginavo separata, senza colpa, senza manina che ascolta, senza il contatto con la sua assistente alla comunicazione. Le scuole si sono chiuse improvvisamente e io ho visto tutti i progressi, i sacrifici e le belle giornate di mia figlia trasformarsi in fumo e cenere. Poi invece ogni giorno arriva il loro momento: noi abbiamo i telefoni, i computer, le pance piene, i sorrisi, i “Va tutto bene!”, “Presto ci rivedremo”, “Fai la brava!”, “Mi manchi”…

Marta sistema tutto da lontano, organizza il lavoro e io sistemo la postazione di Anna. A tanti km di distanza eppure ce la fanno! Preparano fogli, materiali, dattilobraille, dattiloritmica. Anna non la vede ma sul monitor del pc quando appare via skype la sua assistente le dice “come sei bella oggi con gli occhiali”. Oppure discutono e si permette di dire: “Guarda che ti attacco!”. Loro due procedono, fanno conteggi, scrivono testi, inviano mail, imparano, vanno avanti spedite con una grande sintonia… anche se fuori di casa è un incubo che dovrà finire presto, lo si spera! Loro due tengono il loro filo teso. Nessuno lo taglierà.

Noi da qui, vi abbracciamo tutti uno ad uno nell’attesa di poterlo fare davvero!

Grazie B.

*Chiara Pagnesi, coordinatrice di servizi socioeducativi, è l’autrice di questa storia di “lavoro a distanza” nell’ambito dell’inclusione scolastica di bambini e ragazzi diversamente abili (in questo caso non vedenti) realizzato dalla cooperativa sociale La Grande Casa, costituita nel 1989 a Sesto San Giovanni (Mi) con l’obiettivo di favorire l’integrazione sociale delle persone più fragili.

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